Sergio Gilioli - ultimi interventi
Sergio Gilioli - 16-04-2005
Come i cittadini vedono la scuola italiana?

Occorre cambiare il nostro sistema scolastico che l'Europa valuta tra i più resistenti alle innovazioni necessarie. Ma non si può pretendere che siano gli innumerevoli docenti delle scuole statali ad attenuarsi di loro iniziativa i loro stessi privilegi quantunque innegabili. Anzi, in alcune ML scolastiche essi difendono la più disinvolta autoreferenzialità della categoria: sono pressochè intoccabili sul lavoro, esenti da ogni valutazione di merito professionale "tutti egualmente eccellenti" e iperprotetti da sindacati che esercitano di fatto nella scuola un enorme potere senza responsabilità sull'efficacia complessiva del sistema, dunque docenti con un salario differenziato solo dall'anzianità di carriera (dove le anziane maestre risultano le migliori anche in palestra sebbene non ci vadano spesso coi ragazzi, per via dei tanti mali alle ossa ecc. - [ma per il resto sembrano davvero ancora le migliori!]).
Di docenti davvero eccellenti per fortuna ce n'è in ogni scuola. Ma non possono rivendicare il diritto di valere qualcosa di più della enorme massa di mediocri.
Il Ministro Berlinguer che provò a voler riconoscere il merito fu cacciato dalla stessa 'enorme massa': non lo salvò il fatto che di scuola se ne intendesse davvero.
Stando così la scuola, quale riforma proporre? E a chi chiederla?
All'inesistente "sindacato dei genitori" o degli utenti?
Chiederla ai docenti stessi sarebbe come chiedere a Bertoldo di scegliere l'albero in cui impiccarsi.
Alla maggior parte di loro le cose stanno bene così.
Bocciata la riforma Berlinguer/De Mauro (e con essa di fatto anche il governo che la proponeva), non accetteranno cure che sanino alle radici il sistema: temono il cambiamento, non accettano valutazioni e giudizi nel loro settore.
Eppure è malato il sistema che ai primi anni delle superiori caccia via 2.800 alunni a Milano! (23 su 100 il primo anno, 16 su 100 il secondo anno, ecc).
Per curare un organismo malato occorre una qualche forma di valutazione diagnostica che dica dove cominciare a mettere le mani.
E' proprio l'INVALSI - organismo nazionale per la valutazione del sistema scolastico - che può e deve richiamare l'attenzione sulle spie rosse di allarme che lampeggiano sul cruscotto di marcia degli istituti autonomi. L'indagine interna, pure necessaria, di autodiagnosi di istituto non può bastare perchè autoreferenziale (Come si può chiedere di guarire un malanno allo stesso medico che da sempre lo manipola impotente? O all'ospedale che - al dire di Don Milani - "caccia i malati e si cura i sani").
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